Villa Ghigi, un incredibile scrigno di biodiversità a due passi da Bologna
L’obiettivo del parco è quello di divulgare i temi della salvaguardia ambientale, proteggendo la biodiversità e recuperando antiche varietà botaniche.
Bologna è una città meravigliosa, sede dell’università più antica del mondo, culla della resistenza partigiana, in grado di regalare scorci unici di arte, cultura e storia.
Eppure gli amanti dei parchi potrebbero sentirsi un po’ spaesati fra portici, autobus e fiumi di universitari, in particolare durante l’estate.
Certo la città offre diversi parchi pubblici, dai celebri Giardini Margherita al Parco della Montagnola, ma se volete immergervi nella natura allontanandovi poco dal centro non c’è meta migliore di Villa Ghigi.
Il parco si estende per quasi trenta ettari sui primi rilievi collinari a sud della città, immediatamente fuori Porta San Mamolo, ed è raggiungibile sia a piedi che in autobus. Il nome del parco ricorda lo zoologo Alessandro Ghigi, uno degli ultimi proprietari privati dell’area e pioniere della salvaguardia della natura in Italia.
Villa Ghigi vanta un notevole patrimonio botanico e presenta una ricca varietà delle specie spontanee di collina. Il parco, gestito dalla Fondazione Villa Ghigi, è anche teatro di numerose iniziative di conservazione, di specie sia vegetali che animali, e di divulgazione.
Nel 2010 è stato inaugurato il Frutteto del Palazzino, un frutteto speciale che fa parte della rete dei Rete dei frutteti della biodiversità, il cui obiettivo è quello direcuperare e valorizzare le antiche varietà di piante da frutto dell’Emilia-Romagna, proteggendone il patrimonio genetico e le antiche tecniche di coltivazione.
All’interno del frutteto sono stati messi a dimora gli innesti di alcuni tra i più vecchi esemplari di alberi da frutto che esistono nella regione, come viti, olivi, peri, meli, susini, melograni e fichi. In un angolo appartato del parco è stata ricreata una piccola popolazione di dittamo (Dictamnus albus), una rara e protetta pianta erbacea collinare, e sono stati posizionati nidi per gli insetti impollinatori indispensabili alla sua fecondazione.
Non solo piante e alberi, nel parco, con un po’ di fortuna e negli orari giusti, è possibile incontrare alcuni mammiferi tipici dell’Appennino, come il capriolo (Capreolus capreolus), la volpe (Vulpes vulpes), il cinghiale (Sus scrofa), il riccio (Erinaceus europaeus), il ghiro (Myoxus glis) e lo scoiattolo (Sciurus vulgaris).
L’animale più straordinario che potreste vedere però non è un mammifero, è un piccolo anfibio estremamente raro, l’ululone (Bombina pachypus). L’ululone, specie protetta e di interesse comunitario, è stato reintrodotto nel parco qualche anno fa ed è possibile ammirarlo mentre galleggia sul pelo dell’acqua nei vecchi fontanili nei pressi della sede della Fondazione Villa Ghigi.
Si tratta di un piccolo rospo dalla pancia gialla e nera (sintomo di tossicità e deterrente per i predatori) e deve il suo nome agli “ululati” emessi dai maschi per corteggiare le femmine. L’importanza biologica di questo animale è elevata, si tratta infatti di una specie che vive solo in Italia e che rischiamo di perdere per sempre.
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