mercoledì 16 dicembre 2015

IL MIO PROBLEMA È...

“Se avessi un’ora di tempo per risolvere un problema, spenderei 59 minuti riflettendo sul problema e solo un minuto sulla soluzione”, diceva Albert Einstein. Perché noi adulti spesso facciamo il contrario, cerchiamo subito la soluzione? E come possiamo evitare un atteggiamento simile da parte dei bambini? Di Panna Orban.


“Se avessi un’ora di tempo per risolvere un problema, spenderei 59 minuti riflettendo sul problema e solo un minuto sulla soluzione”: sono parole di Albert Einstein. L'aspetto interessante è che, come adulti, non seguiamo affatto l'esempio di questo genio tanto ragionevole e "normale" nelle sue indicazioni: molte volte ci comportiamo esattamente nel modo contrario, spendiamo tante energie per indentificare delle soluzioni e poniamo poca attenzione alla comprensione del problema.

I bambini alle volte fanno come noi (basta immaginare le mani alzate in classe quando non abbiamo ancora posto una domanda...). Molte volte accade che la mancata comprensione del cuore del problema o dell’origine di una difficoltà sposti la loro attenzione su altre questioni, lontane dal nocciolo del problema stesso. Perché si verificano situazioni di questo tipo? Come possiamo aiutare i bambini a capire i processi mentali che possono facilitare la comprensione del problema?
Dal semplice...

Partiamo dal presupposto che se un problema non riesce ad essere riconosciuto in tutte le sue componenti è perché sul problema in sé abbiamo poche informazioni. Fare un’analisi profonda della sfida, capire la sua natura, da dove deriva, può essere la chiave necessaria alla soluzione. Per ricavare le informazioni desiderate si può utilizzare la tecnica diporre/porsi delle domande sistematicamente. Per esempio, un bambino che ha il problema di preparare la cartella per l’indomani, può affrontare la questione ponendosi una serie domande come: quali materie avrò domani?, quali libri ho lasciato a scuola?, quali altri accessori devo portare con me?, il quaderno che non trovo ora l’ho prestato a qualcuno?

Per questi problemi che possiamo definire "semplici" la nostra mente si organizza automaticamente e con naturalezza per reperire informazioni, cogliendo subito che ne ha bisogno per capire il problema e risolverlo passo passo. Pensiamo a uno dei problemi da risolvere la mattina, quando ci alziamo. Apriamo l’armadio e, analizzato il problema - che cosa mi metto oggi? -, ci poniamo immediatamente delle domande che sono insieme di chiarificazione del problema e di aiuto alla sua risoluzione: dove devo andare? che tempo c’è fuori?, ecc. A questo punto facciamo le nostre considerazioni e poi operiamo una scelta.
Al complesso

Anche nel caso di problemi complessi bisogna anzitutto reperire informazioni, tenendo conto che l'espressione “problema complesso”, in questo contesto, indica una domanda che è composta da più problemi intermedi che chiedono una soluzione. Una delle strategie più efficaci è quella di provare a scomporre il problema in parti per poter comprendere e risolvere i vari “stadi” uno dopo l’altro.

Nel caso delle operazioni matematiche, possiamo provare a immaginare un esempio di questo tipo: 9x23= 9x20 + 9x3. Se il compito dato dalla maestra è quello di fare una ricerca sulla vita al tempo dei faraoni bisogna rendersi conto della complessità del compito. Certo bisogna svolgere una ricerca critica e avvertita su internet per trovare materiali, dividendo le buone fonti dalle cattive, bisogna sintetizzare in un testo la ricerca aggiungendo delle riflessioni, bisogna anche trovare foto, immagini e altri materiali che mi sosterranno nella realizzazione del progetto. Ma occorre prendere in considerazione anche altri aspetti, come la data di consegna e tutto quel che c'è da prevedere per presentare il progetto (procedure tecniche come stampare materiali o altro). Se sono consapevole della complessità del problema, riesco a dividere e programmare la soluzione dei vari passi intermedi, stabilendo delle priorità, la realizzazione del compito diventa molto più facile.
In classe...

Alcuni anni fa, in una classe 5° primaria, ho presentato uno dei giochi del curricolo Mind Lab, chiamato “Ora di Punta”. Senza indicazioni particolari, ho messo il gioco in mano ai ragazzi, l’ho fatto sperimentare e alla fine ho chiesto cosa il gioco avesse insegnato loro.
Uno studente mi rispose così: "Questo gioco mi ha fatto capire la differenza fra impossibile e difficile Un problema che a prima vista sembrava impossibile, si risolveva immediatamente quando mi sono accorto che focalizzavo la mia attenzione sull’elemento sbagliato. Investigando meglio la situazione, mi sono reso conto dell’ostacolo vero che mi impediva di trovare la soluzione. Se non si trova immediatamente, non vuol dire che non c’è soluzione, ma solo che devo cercare meglio e capire bene il problema che ho davanti”.

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