Quasi una donna su quattro lascia l'occupazione per motivi familiari, meno del 3% tra gli uomini. L'Istat in audizione alla Camera: "La platea di possibili interessati alla flessibilità in uscita dal lavoro sfiora i 2 milioni di persone"
Una vita in salita, sia sul lavoro che dopo. E' quella delle donne, secondo il ritratto che ne ha fatto l'Istat per bocca di Linda Laura Sabatini - direttrice del Dipartimento per le statistiche sociali e ambientali - in audizione alla Commissione Lavoro della Camera. Il 30% delle donne occupate ha lasciato il lavoro dopo la gravidanza, ha affermato spiegando che il tasso di abbandono del lavoro per le donne nate dopo il 1964 è al 25% e che il dato risente della crisi, essendo peggiorato tra il 2005 e il 2012.
"Il problema delle interruzioni del lavoro è critico per le donne - ha sottolineato Sabatini - perchè si traducono in uscite prolungate di almeno 5 anni in almeno il 60% dei casi". Se si estende lo sguardo oltre la maternità, emerge comunque che quasi una donna su quattro (22,4%) con meno di 65 anni interrompe l'attività lavorativa per motivi familiari, contro appena il 2,9% degli uomini. Oltre ad avere più interruzioni per motivi familiari, i percorsi lavorativi delle donne sono più spesso caratterizzati da lavori atipici: tra gli occupati, di età compresa tra i 16 e i 64 anni nel 2009 solo il 61,5% delle donne ha avuto un percorso interamente standard, contro il 69,1% degli uomini.
Se il gap di genere è forte nella carriera lavorativa, anche una volta chiuso il capitolo del lavoro restano sostanziali divergenze. Nel 2014 la maggioranza delle donn (52,8%), rispetto ad appena un terzo degli uomini, ha percepito redditi pensionistici mensili inferiori ai mille euro; il 15,3% è sceso sotto i 500 euro. I dati, pur ancora provvisori, sono di grande efficacia. Il 10,2% delle pensionate percepisce un reddito mensile pari o superiore ai duemila euro (rispetto al 23,9% dei pensionati). I redditi pensionistici maschili mostrano una disuguaglianza - misurata dal rapporto tra ultimo e primo decile - maggiore (6,6) di quella osservata per i redditi femminili (5,4).
Dall'Istat è arrivata anche una stima sulla platea dei potenziali destinatari delle misure flessibilità in uscita dal lavoro allo studio del governo in vista della prossima Stabilità: comprende quasi due milioni di persone (1 milione 989 mila 5), di cui i due terzi sono uomini. "Tra le persone di 58-63 anni", ha sottolineato Sabbadini, è peraltro aumentato il numero di quelle in cerca di lavoro, 111 mila disoccupati nel secondo trimestre 2015, e il tasso di disoccupazione è quasi raddoppiato (da 3,0% a 5,3% tra il secondo trimestre 2008 e il secondo del 2015).
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