Per l’educazione alla parità serve il consenso informato. A precisarlo è il ministero dell’Istruzione con una nota inviata a tutte le scuole. Ma si tratta di un chiarimento implicito visto che il Miur si limita a ricordare - genericamente - agli istituti scolastici che le famiglie vanno coinvolte su tutte le attività extracurriculari previste nel piano per l’offerta formativa. Un quadro che la “buona scuola” non modificherà.
La vicenda
Il tema è tornato di stretta attualità nelle scorse settimane. Il disegno di legge sulla “buona scuola”, che sarà oggi all’esame dell’aula della Camera e che dovrebbe essere approvato in via definitiva entro giovedì 9 luglio, stabilisce all’articolo 1, comma 16, che «il piano triennale dell'offerta formativa assicura l'attuazione dei princìpi di pari opportunità promuovendo nelle scuole di ogni ordine e grado l'educazione alla parità tra i sessi, la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni». Individuando l’obiettivo di questa disposizione nella necessità di «informare e di sensibilizzare gli studenti, i docenti e i genitori sulle tematiche indicate dall'articolo 5, comma 2, del decreto-legge 14 agosto 2013, n. 93 sul contrasto al femminicidio. In pratica la norma inserisce tra le materie che contribuiranno a rafforzare l’offerta formativa delle singole scuole anche le pari opportunità e la lotta alle discriminazioni di genere.
Le polemiche
Pur essendo stata introdotta nel testo già a maggio, durante il primo giro parlamentare a Montecitorio del provvedimento, è solo nelle ultime settimane che la norma ha dato luogo a parecchie polemiche. Lo spartiacque è stato il “Family day” del 18 giugno a Roma. Nei volantini circolati prima di quell’appuntamento si invitavano i genitori italiani a prendere posizione contro la presunta volontà del governo Renzi di introdurre proprio con la “buona scuola” la teoria del gender nelle classi.
Un timore che una preside - quella dell’Istituto comprensivo “Via P. A. Micheli”, Anna Maria Altieri - ha addirittura messo nero su bianco in una circolare alle famiglie: «La realtà che si prefigura nell'immediato futuro (già dal settembre 2015, se passasse la legge attualmente in discussione) è l'introduzione nella scuola di ogni ordine e grado dell'educazione alla parità di genere», scriveva la dirigente scolastica che faceva poi riferimento a presunte “Linee Guida dell'organizzazione mondiale della Sanità per l'educazione sessuale nelle scuole”, all’interno delle quali si parlerebbe di «da 0 a 4 anni: masturbazione infantile precoce» e poi «da 4 a 6 anni: masturbazione, significato della sessualità: il mio corpo mi appartiene. Amore tra le persone dello stesso sesso, scoperta del proprio corpo e dei propri genitali».
Contro questa scelta si è scagliato il sottosegretario (renziano) all’Istruzione, Davide Faraone che su twitter a stretto giro replicava: «Lettera preside su teoria gender è inaccettabile. Manderemo ispettori: è atteggiamento fuori da nostra cultura @MiurSocial #labuonascuola».Ma la vicenda non si è chiusa lì perchè sono stati gli esponenti dell’Ncd a chiedere a gran voce di prevedere su iniziative del genere il consenso informato per le famiglie. E con la nota di ieri di fatto arriva la risposta del ministero.
I chiarimenti del Miur
Prendendo spunto dalle richieste di chiarimenti giunte da più parti - si legge nel documento - sul rapporto da tenere con le famiglie in occasione della definizione dei Piani dell’offerta formativa (la carta d’identità delle scuole che con la “buona scuola” dovrà indicare le materie da potenziare per rafforzare l’autonomia degli istituti, ndr), il dicastero punta a «ribadire la corretta prassi che le scuole sono chiamate a seguire fin dall’inizio dell'anno scolastico». Sottolineando che le famiglie «hanno il diritto, ma anche il dovere, di conoscere prima dell'iscrizione dei propri figli a scuola i contenuti del Piano dell'Offerta Formativa e, per la scuola secondaria, sottoscrivere formalmente il Patto educativo di corresponsabilità» previsto dall’ex ministro Beppe Fioroni nel 2007, la nota arriva poi al punto. E ribadisce che «la partecipazione a tutte le attività extracurricolari, anch’esse inserite nel Pof, è per sua natura facoltativa e prevede la richiesta del consenso dei genitori per gli studenti minorenni o degli stessi se maggiorenni che, in caso di non accettazione, possono astenersi dalla frequenza». Precisando inoltre che il ddl all’esame del Parlamento non modifica in alun punto il rapporto tra le scuole e le famiglie. Chissà se questo doppio chiarimento basterà a placare gli animi. Forse no visto che le associazioni promotrici del “Family day” sono tornate a chiedere un decreto urgente del governo «per fare chiarezza».
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