Non è vero che il giornalismo dev’essere appannaggio solo dei grandi.
Giornalisti in erba ma non solo: con Prime Pagine i ragazzi affrontano le notizie “dei grandi”, spiegate appositamente per loro. E poi vestono i panni del reporter, imparando a raccontare la loro realtà. Francesca Boccaletto ed Erika Saggiorato, giornaliste e amiche, hanno creato il magazine che parla ai più piccoli. Lo racconta ad Uncomag Francesca.
Due giornaliste in una redazione “under 13”. Come nasce la vostra idea?
Direi che Prime Pagine nasce dall’incontro tra Erika e me. Siamo state colleghe in una redazione giornalistica (oggi chiusa) e poi amiche, e abbiamo scoperto un interesse in comune per il mondo dei piccoli. Giornalismo e bambini erano apparentemente due mondi a parte, finché non è balenata l’idea di unirli. E questa idea è maturata proprio dallo scoprire il nostro desiderio condiviso, che cercava una forma.
Anche Prime Pagine è ancora molto giovane.
Il progetto ha circa due anni e siamo online dal 22 settembre 2014. Ad ottobre dello stesso anno è partito il primo laboratorio scolastico, che ha coperto tutto l’arco dell’anno, da ottobre a maggio, e nel contempo si sono create molte collaborazione e occasioni per altri laboratori con i ragazzi.
Non siamo più solo noi adulti a scrivere per i nostri lettori…
Cos’è Prime Pagine?
È un giornale online, con la particolarità che parliamo di bambini, con notizie che li riguardano, e parliamo anche ai bambini di cose da grandi. Commentiamo insieme le notizie per farli entrare in contatto con la realtà degli adulti, per comprenderla. Spesso si toccano i grandi temi, come (è accaduto recentemente) il dissesto idrogeologico, che sta interessando diverse zone d’Italia e torna alla ribalta nella cronaca, o gli eventi dell’11 settembre. La redazione è composta da Erika (direttore responsabile), da me e da alcuni colleghi (Domenico Lanzilotta e Francesco Verni), e poi ci sono i contributi di alcuni esperti (di food e di animali e ambiente, ad esempio).
Il giornale ha poi un’altra faccia, complementare, che vede i ragazzi protagonisti nei panni di “minireporter”. Attraverso dei laboratori imparano a cercare notizie nel mondo più vicino a loro, come la classe, la scuola o il paese dove vivono e a raccontare i fatti con lo sguardo del reporter. La gita scolastica, dunque, non diventa un tema in prima persona, con le impressioni dirette, ma una narrazione in terza persona, con i fatti salienti registrati da un osservatore non coinvolto. Utilizzano la scrittura e la fotografia, come si conviene ad una testata moderna. Questo è l’aspetto del nostro progetto che sta crescendo e a cui Erika ed io teniamo particolarmente. Non siamo più solo noi adulti a scrivere per i nostri lettori (che vanno dai 9 ai 13 anni), usando un linguaggio semplice ma non banale che li possa raggiungere, ma sono loro stessi che imparano a diventare giornalisti.
Che modalità hanno i vostri laboratori?
Siamo molto flessibili perché dobbiamo entrare nelle programmazioni degli insegnanti, e quindi ci adeguiamo alle loro disponibilità e richieste. Possono essere lavori lunghi, con due incontri al mese per l’intero anno scolastico (in questo caso ci siamo inserite nelle lezioni di italiano), oppure laboratori di cinque o sei incontri, o anche più brevi, in una o due giornate. Questi ci vengono richiesti durante i festival o le rassegne. Proponiamo attività brevi che permettono di giocare con il giornalismo, sperimentandone alcuni aspetti.
…sento di essere nata per fare Prime Pagine…
In che misura Prime Pagine sta diventando un lavoro per voi?
Il progetto è nato proprio con l’intento di diventare un’attività professionale, accanto alle collaborazioni giornalistiche che entrambe abbiamo in atto. È una testata regolarmente registrata (Erika ne è il direttore), e speriamo che in un paio d’anni sarà grande abbastanza per darci le soddisfazioni professionali che ci attendiamo. Nel frattempo, siamo molto contente di aver dato corpo ad un nostro desiderio: eravamo certe che lavorare con i ragazzi fosse fantastico. Abbiamo trovato una dimensione che è la nostra: sento di essere nata per fare Prime Pagine, è un’esperienza che mi descrive perfettamente. Ho sempre avuto l’idea di giornalismo come utilità, come servizio a chi desidera conoscere. In questo caso è utile ai bambini, che possono avvicinare le notizie e comprendere il mondo attorno a loro, con loro sento che questo servizio si fa al massimo, in purezza.
Qual è il vostro ingrediente segreto?
La differenza la fanno le persone che si applicano ad un’idea. Nel nostro caso non è solo un detto. Solo con Erika avrei potuto realizzare tutto questo, perché abbiamo lo stesso sentire. Siamo diverse e lavoriamo in modo complementare, ma lo stile e gli obiettivi sono pienamente condivisi. Per entrambe lavorare con i bambini è il massimo, era il nostro obiettivo. Io considero questo l’apice della mia “carriera” di giornalista.
Parlando di carriere, quella del giornalista è in crisi?
È una professione difficile e le carriere sono davvero ardue, specie in questo momento, con redazioni che chiudono, precariato e mille altre difficoltà. Io sono felicemente una freelance, non ho mai avuto l’aspettativa dell’assunzione in redazione. Per questo mi sono inventata il lavoro. Mi considero un po’ esterna al mondo delle redazioni e mantengo uno sguardo neutro rispetto le polemiche in atto.
Non è tutto semplice, ma noi sappiamo che ne vale la pena.
Su cosa si fonda il business di Prime Pagine?
In un mondo dominato dal marketing, il nostro giornale vuole puntare alla sostanza, dando un servizio nuovo, ben fatto, su misura dei nostri lettori. La base forte è la nostra motivazione e tanta pazienza: vogliamo crescere, ma non in fretta. Prime Pagine vuole diventare un grande progetto, per le scuole, le famiglie e i ragazzi. Non è tutto semplice, ma noi sappiamo che ne vale la pena.
C’entrano fato e destino in tutto questo?
Sembra una domanda leggera ma io la prendo sul serio. Ora sento che questo progetto ingrana in modo talmente armonioso (è nato, sta crescendo, prende forma e ci dà soddisfazioni) che penso che debba esserci sotto qualcosa, che fosse davvero parte di un nostro destino, una strada che ci ha portato fin qui. Anche solo nell’avermi fatto incontrare la partner ideale, con la quale si è creata una sinergia che è vitale per il progetto, ci possiamo vedere un destino. In realtà, poi è tutto frutto di volontà e impegno nel costruire ciò che abbiamo ideato. Diciamo che Prime Pagine è nato sotto una buona stella.
Foto di Elisa Tonelato e Domenico Ferro Milone
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