Come affrontare disagi infantili sempre più frequenti imputabili alla disgregazione delle famiglie, alla “debolezza” dei genitori e anche alla migrazione?
La scuola deve in qualche modo operare uno sforzo per mettere in discussione e rivedere tutte le attività della routine quotidiana – più o meno rigidamente regolate dagli obiettivi da raggiungere – e mettere questi temi al primo posto. Solo in questo modo, e considerando il bambino come perno principale di tutta l’azione educativa, si può pensare di ovviare in parte a tante lacune. Anche il metodo di insegnamento deve essere in qualche modo rivisto, soprattutto in quelle realtà territoriali dove, per situazioni di degrado ambientale e di povertà culturale, i bambini hanno bisogno di essere maggiormente stimolati ad un approccio culturale più elevato.
Spesso, proprio in queste situazioni e in presenza di alunni con grosse difficoltà di apprendimento, si tende invece “ad abbassare il tiro”, a “facilitare” troppo quel che si propone. Dal mio punto di vista questa è una pratica deleteria e come tale da evitare perché non determina una crescita significativa ma fossilizza su livelli troppo bassi. E allora, pensando a quelle classi in cui sono presenti bambini di tante “sfumature” diverse, perché non valorizzare le lingue d’origine, perché non coinvolgere le famiglie e renderle partecipi della crescita dei loro figli cercando di condividere esperienze di vita e culture diverse?
COSA NE PENSATE?
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