mercoledì 13 gennaio 2016

PICCOLE RIFLESSIONI - SPORT E BULLISMO

Lo sport contro la violenza e il bullismo: grazie per la riflessione !!


​Non ho mai giocato a fare la lotta, da piccola. Non ho mai pensato che lottare fosse un gioco, essenzialmente perché, se non lo sai fare, ti puoi fare male seriamente.

Costruivamo archi e frecce, in giardino, piegando i rami della siepe sempre verde; imitavamo i nostri eroi dei cartoni animati (da Holly e Benji a Hilary a Creamy alla mitica Mimì Ayuara); appendevamo le corde agli alberi e fingevamo di essere Tarzan; costruivamo rifugi e raccoglievamo vermi, tornando a casa sporche e affamate. Ma non abbiamo mai pensato che la lotta fosse un gioco, e mi ricordo bene che in quei giorni in cui io e mia sorella litigavamo e ci picchiavamo, io non ero felice, stavo male, sentivo che quello era un modo sbagliato di vivere.





Per lo stesso motivo, non picchio mia figlia. Non la sculaccio, non le do ‘le pacche sul sedere’, niente, nisba, niet. Per lo stesso motivo mi irrito davanti ai genitori che dicono che nessuno è mai morto per una sculacciata: e allora? Una cosa quando è sbagliata è sbagliata sempre. Tutto ciò che è violenza, non è un gioco, e non è piacevole. Può trascendere facilmente.

Da ragazzina ero fan del wrestling, ma non mi sono mai sognata di provarne le mosse su mia sorella; era la classica avvertenza: DON’T TRY THIS AT HOME. Era chiaro per tutti che il wrestling era uno spettacolo che non generava vera violenza, ma era solo una rappresentazione atletica. E c’era il divertimento, ma anche il fair play.

Che se penso alle notizie di pochi giorni fa, qua a Torino, con una rissa tra genitori delle squadre dei pulcini di calcio… anche no.

Se c’era una cosa che teneva lontana la violenza era lo sport, e noi roviniamo anche quello?

Ultimamente penso molto a come combattere la violenza in tutti i campi, a partire dall’ambito domestico, in cui noi dovremmo insegnare ai figli a vivere un’infanzia felice, e non a sopportare umiliazioni e paura. Questa è la base per rendere felici i figli, ma anche renderli fiduciosi. Un bambino che ha fiducia in sé non diventa un bullo, e non diventa nemmeno la vittima dei bulli (si spera).

In Italia il bullismo esiste, anche se crediamo che non sia al pari degli Stati Uniti, e secondo me uno dei modi di combatterlo (oltre che in famiglia), è proprio incoraggiare i bambini a fare sport con costanza e consapevolezza, e anche con il giusto spirito sportivo. Incoraggiare i bambini a giocare ed eccellere, nel senso buono del termine, ovvero fare la prestazione sportiva migliore possibile, ma sempre nel rispetto delle regole e del buon gioco.

Io non sono una di quelle che ritengono che vincere non è importante: lo è, ma non abbastanza da vincere in modo anti sportivo, o barando, o con la violenza, o senza rispettare gli altri.

Per questo motivo la scorsa settimana ho seguito la diretta di due eventi live di wrestling, la WWE live al Palalottomatica di Roma, e in replica all’Unipol Arena di Bologna.

Perché il wrestling, come del resto anche le arti marziali, rappresenta proprio quel concetto di spettacolo sportivo che mostra i ‘muscoli’, senza mostrare la violenza.

Voi avete mai seguito uno spettacolo di wrestling in vita vostra?



Ci sono molti pregiudizi su questo sport, ma a me ad esempio è bastato seguire gli hashtag delle serate su Twitter (#WWERoma e #WWEBologna), per avere conferma delle mie sensazioni di bambina: il pubblico del wrestling è proprio bello, e mi ha ricordato molto quello della pallavolo, del basket o del rugby. Famiglie, persone normali, per niente al di sopra delle righe, ma anzi: gruppi di persone che si divertono in modo goliardico e pulito, si abbracciano, e fanno un tifo molto vivace ma sano. Mi è piaciuta proprio la gente.

Ma mi sono sempre piaciuti anche i Talent e le Divas del wrestling, che da sempre supportano progetti benefici e devolvono tempo e denaro a cause molto importanti. La WWE stessa, ovvero la World Wrestling Entertainment, principale federazione mondiale di wrestling, supporta numerose campagne che fanno bene a tutti: 
La campagna ‘Don’t Try This’, studiata proprio per invitare i bambini a non imitare le star a casa, perché loro sono professionisti e atleti che imparano a cadere e a non colpirsi davvero, e a fare delle mosse sicure, che hanno provato mille volte dietro le quinte. Sì, è uno spettacolo, non è una lotta. proprio come il Cirque du Soleil, insomma;
La campagna ‘Be a Star’ (Show Tolerance And Respect), che si svolge nelle scuole americane e riguarda la lotta contro il bullismo nelle scuole: i Talent fanno convegni e portano testimonianze, e dicono ai giovani che la violenza non è mai una risposta, mai (tra le persone che hanno partecipato a questo movimento, c’è anche la ‘mia’ amata Lizzie Velasquez, che cito sempre come esempio di donna che sa ispirare le altre donne), ma parlano anche di uguaglianza e di come star lontani da omofobia e razzismo: trattare gli altri con rispetto, perché ognuno di noi è una star; 
Superstars for Hope, raccolta fondi su Indiegogo, a sostegno della fondazione Connor’s Cure Charity, che si occupa di finanziare la ricerca contro il cancro pediatrico; 
Rise above Cancer, in collaborazione con la fondazione Susan G. Komen, che è la più grande organizzazione mondiale per finanziare la ricerca contro il tumore al seno; 
Make Mom Proud, campagna sempre condotta con la fondazione Susan G. Komen, contro gli stereotipi e la violenza di genere, in cui che chiedeva alle persone di compiere azioni significative per le proprie mamme e le altre donne importanti della propria vita; 
e campagne in supporto a Make a Wish, onlus che realizza i sogni dei bambini terminali o affetti da malattie gravissime, per ridare loro gioia di vivere, speranza, e forza di guarire – quando possibile. 



Dal 2008 tutti gli show WWE sono stati dunque classificati BA (bambini accompagnati, TV-PG in inglese), e non più vietati ai minori di anni 14: questo ha ridotto notevolmente la violenza negli show e ha fatto avvicinare di nuovo i giovani a questo spettacolo, tanto che adesso il pubblico è – così come vi anticipavo – composto da famiglie, ragazzini e quasi il 40% da donne. Il WWE si è dato uncodice etico, per potersi rappresentare al meglio di fronte ai giovani.

Indipendentemente da ciò che ciascuno ama o non ama, penso che questo sia comunque un ottimo segnale.



L’ho imparato vedendo crescere mia figlia: gli ambienti sportivi possono davvero fare la differenza, come le famiglie che li frequentano, su argomenti come integrazione, accettazione, fiducia, sportività. Non so perché tutti noi parliamo così poco di sport, ma sport e arte – lo vedo nella vita di mia figlia che ora ha 7 anni – sono una chiave giusta per eliminare violenza e bullismo dalla vita dei ragazzi, se noi sappiamo offrirli, e viverli, nel modo giusto. 
Lo sport insegna il lavoro di squadra, ma anche l’ordine, il rigore, lo studio e l’impegno; 
Lo sport tiene i bambini in forma, e li rende sani: dà ai bambini il fisico armonioso e coordinato di chi può iniziare a piacersi sin da piccolo senza scavallare nel disturbo alimentare (né dalla parte dell’obesità, né dalla parte dell’anoressia); 
Lo sport insegna a vincere e perdere con stile, e combattere per la vittoria in modo onesto e seguendo le regole; 
Lo sport insegna lo spirito di sacrificio: insegna a non arrendersi, a non darsi per vinti, a superare i propri limiti. 

Ma tocca anche a noi, come famiglie, e poi con educatori, allenatori, maestri, sportivi stessi: tocca a noi fare in modo che lo sport resti pulito, e che non sia mai uno strumento di violenza, ma anzi uno strumento per regalare ai bambini squadra, unità, empatia. Ne siamo capaci?

E’ un impegno che dobbiamo prendere seriamente, smettendola di fare i teppisti quando i figli perdono una partita: quello che stiamo insegnando è la vita, ma soprattutto la PACE.

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