È la buona alleanza che fa buona la scuola
di Mariapia Veladiano • 26-Apr-15
Migliorare la scuola vuol dire oggi disinnescare la conflittualità, risolvere minuti problemi ereditati, ma è questo che la politica è chiamata a fare, riparare per quanto possibile la realtà.
Qualsiasi massimalismo è grezzo, sempre. Ma applicato alla scuola è anche irresponsabile. Un ragazzo nato nel 1996 e che quest'anno sostiene l'esame di Stato ha incocciato in almeno tre cosiddette riforme.
Moratti 2003 alle elementari, Gelmini 2008 alle medie, e ancora Gelmini alle superiori perché per le superiori la riforma è partita nel 2010. Contando la Berlinguer del 2000, la scuola italiana è stata "riformata" tre volte dentro l'arco temporale di un unico ciclo scolastico. "La buona scuola" è la quarta.
Nel frattempo gli insegnanti sono stati reclutati con concorso ordinario (pochi ), con le Ssis, Scuole di specializzazione all'insegnamento secondario, con il Tfa, Tirocinio formativo attivo, con i Pas, Percorsi abilitanti speciali, e sono confluiti in graduatorie permanenti, ad esaurimento, di merito, di istituto di prima, seconda e terza fascia. Gli uni di volta in volta sicuri, in ragione di promesse dette o anche scritte, di poter restare, magari più degli altri o alla faccia degli altri, nel mondo della scuola. Il che sarebbe velleitario se nella scuola non ci fossero posti di lavoro, ma ci sono, e sono proprio quelli che gli insegnanti occupano, da precari stampati e dipinti. Licenziati a giugno e poi ripresi, chissadove, chissaquando. E protestano, naturalmente. E infatti l'Europa ha detto che non si può, un precariato prolungato è un sotterfugio per non assumere. E il governo ha detto va bene, li assumo tutti a settembre ( poi ha detto la metà, adesso non si sa) ma il Miur deve risparmiare.
Ed ecco quel che capita. In questi giorni gli Uffici scolastici regionali stanno attribuendo agli istituti scolastici l'organico di diritto, ovvero il numero di insegnanti necessari, per legge, a far funzionare la scuola. Stanno arrivando quelli della scuola primaria. Bene, nel tempo normale non sono previste ore di compresenza, il che significa che non si può mai dividere la classe per accompagnare bambini con difficoltà, anche blande e recuperabili, mentre nel tempo pieno sono previste 4 ore in più da utilizzare per progetti di istituto (recupero, alfabetizzazione dei bambini stranieri, potenziamento ). Gli organici che arrivano in questi giorni non prevedono nemmeno queste 4 ore. Gli uffici scolastici regionali obbediscono a parametri di rientro. Tagli insomma, cheauspicabilmente saranno riportati a norma grazie all'organico dell'autonomia di cui parla "La buona scuola". Anche se qualche agenzia a settembre batterà la notizia di un investimento straordinario sugli organici, e il pubblico distratto ci potrà credere, gli insegnanti sanno che sarà forse restituito quello che è stato tolto e non possono essere contenti. E protestano.
E intanto alle superiori, ad esempio negli istituti d'arte trasformati in licei dalla furia di licealizzare la scuola italiana tutta, gli organici sono attesi per poter far partire sciami rituali di ricorsi, perché in cinque anni di chiamiamola riforma non si è trovato il tempo di sistemare le nuove classi di concorso e la normativa sulle classi di concorso atipiche è formulata in modo tale da scientificamente fornire motivi di contenzioso. Anche il divide et impera è insania pura applicato alla scuola. La buona scuola nasce sempre da una buona alleanza. Soprattutto fra i diversi ruoli e le diverse responsabilità.
Il Rapporto Talis 2013, ospitato dal sito del Miur, chissà se se ne sono accorti, promosso dall'Ocse, che indaga l'attività professionale degli insegnanti, mostra che in tutti i Paesi gli insegnanti sono tanto più efficaci, cioè bravi, quanto più sono partecipi dei processi decisionali. Enfatizzare occhiuti presidi padroni che valutano solitari i loro docenti vuol dire non sapere che la valutazione richiede una terzietà per ora impensabile in Italia perché manca una sufficiente rete ispettiva, presente in Francia ad esempio. E comunque valutare le professionalità della scuola è necessario ma non è facile. Il Trentino valuta i presidi da tempo ma ha cambiato modalità per due volte in tre anni. Si potrebbe imparare una buona prudenza da questa esperienza.
Poi, e dovrebbero venire prima naturalmente, ci sono i ragazzi, che gli insegnanti li prendono oggi e li perdono l'anno dopo, magari presenti nella stessa scuola, perché bisogna "saturare le cattedre", e la continuità didattica viene ultima. E intanto che tutto questo accade, si deve studiare ed essere preparati, per un esame di Stato nuovo, il primo della chiamiamola riforma Gelmini, esame del quale, tranne che per la prima prova, in molti casi non si sa ancora che forma abbia la seconda prova. Migliorare la scuola vuol dire oggi disinnescare la conflittualità, risolvere minuti problemi ereditati, ma è questo che la politica è chiamata a fare, riparare per quanto possibile la realtà. In politica non si dovrebbe essere un dio solitario al comando e andare avanti comunque sia. Basta essere adeguati, cioè conoscere la realtà che si è accettato di servire. Servire.
la Repubblica 26/04/2015
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