venerdì 15 aprile 2016

IL CINEMA RITROVATO 2016

Cari amici,

siamo i primi ad essere sorpresi: quella che stiamo preparando è la trentesima edizione del Cinema Ritrovato! Quindi aspettatevi i fuochi d'artificio. Come sempre, con la primavera arriva la newsletter n. 1 del festival, ma molti temi vi saranno svelati solo nelle prossime presentazioni. Anche quest'anno il programma è concepito come una macchina del tempo che vi porterà nell'Ottocento e vi consentirà di attraversare tutto il Novecento. Oltre al tempo attraverserete lo spazio, con film europei, latino-americani, statunitensi, asiatici, africani. Sarà una festa per quanti amano il cinema e lo vogliono conoscere nelle migliori condizioni: in sala, presentato da critici, storici, artisti, archivisti, appassionati, in copie restaurate o d'epoca, proiettati al meglio.

Iniziamo da dieci punti che sono il nostro biglietto da visita:

  • Otto serate nel più bel cinema del mondo, Piazza Maggiore
  • Tre serate con proiezioni al carbone, in Piazza Pasolini
  • Cinque sale cinematografiche aperte dal mattino a notte fonda
  • Oltre quattrocento film in versione originale e tradotti in italiano e in inglese organizzati in una ventina di sezioni curate da grandi specialisti
  • Almeno il 50% della programmazione in pellicola e una sezione di vintage print in Technicolor
  • Due serate con l'Orchestra del Teatro Comunale di Bologna
  • Dieci pianisti che musicheranno tutti i film silenziosi
  • Un pubblico internazionale, appassionato e felice di essere in un festival normale, senza red carpet
  • Un programma per bambini e ragazzi
  • e... Il gelato ritrovato del Gelatauro!



Il Cinema Ritrovato da trent'anni è il festival delle Cineteche. Per quest'anniversario speciale a Bologna si svolgerà il Congresso della Féderation Internationale des Archives du Film, che inizierà il 23 giugno, ma che, il 25 e il 26, organizzerà un symposium dedicato al restauro e ai grandi progetti che, nel mondo, si stanno realizzando per dare un futuro al passato del cinema.

Ecco alcuni dei temi del festival:


Lumière ! La mostra e la stagione 1896
La mostra preparata dall'Institut Lumière per il Grand Palais lo scorso anno varcherà per la prima volta i confini francesi per arrivare a Bologna. Se il 2015 era l'anniversario dei 120 anni dell'invenzione dei fratelli lionesi, il 2016 è la ricorrenza dell'Anno Uno del cinema, durante il quale il cinematografo raggiunge gran parte del mondo (anche l'Italia e anche Bologna il 27 agosto 1896). Presenteremo quindi una selezione della 'stagione' 1896.
In collaborazione con l'Institut Lumière di Lione e il Museo Nazionale del Cinema di Torino

Foto: Fratelli Lumière (1895)


Jacques Becker – L’idea stessa di libertà

Innamorato del cinema americano, del jazz, della giovinezza, Jacques Becker (1906-1960) fu il regista più amato e rispettato della 'tradizione della qualità', benché rinnegasse quel genere di cinema. “Detesto la mia generazione”, ebbe a dire. “È la generazione dei falsi pretesti”. Mai “uno di loro”, si sentiva più vicino ad anticonformisti come Bresson, Ophüls e la nascente generazione della nouvelle vague. Come regista, sapeva passare da un ambiente all’altro con suprema eleganza, e diede al cinema del suo paese il più grande film sulla Francia rurale con Goupi Mains Rouges, il manifesto di una gioventù negletta con Rendez-vous de juillet, il volto nudo dell’amore con la Simone Signoret di Casque d’or, il più grande film noir con Grisbi (eguaglia to solo da La Nuit du carrefour di Renoir, del quale Becker fu aiuto regista); e con il suo capolavoro, Le Trou, fu – per citare Serge Daney – “l’unico che sapesse filmare l’idea stessa di libertà”.
Programma a cura di Bernard Eisenschitz
Foto: Casque d’or (1952)




Universal Pictures: gli anni di Leammle junior

Fondata nel 1912 da Carl Laemmle, la Universal Pictures è ancora oggi un caposaldo dell’industria dello spettacolo americana. Questa rassegna si concentra su un segmento della ricchissima storia degli studios: il periodo compreso tra il 1928 e il 1936, quando il capo della produzione era Carl Laemmle Jr., figlio del fondatore. Chiamato con condiscendenza “Junior” Laemmle e bersaglio di infiniti scherzi e battute nell’ambiente di Hollywood (“the son also rises”), il giovane Laemmle era in realtà un produttore sofisticato, ambizioso e intraprendente che decise di puntare le finanze della compagnia su una serie di progetti audaci, e perse. Nel 1936 Show Boat sforò il budget e gli studios finirono nelle mani dei creditori, ponendo fine alla gestione Laemmle. Eppure quel breve periodo fruttò un numero straordinario di film importanti, quali Dracula, Frankenstein e All Quiet on the Western Front. La nostra rassegna si incentra però su opere meno conosciute, spesso contraddistinte da un deciso gusto europeo grazie al contributo dei tanti registi emigrati della Universal come James Whale, Paul Fejos e William Wyler (tra l’altro imparentato con Laemmle). La rassegna propone inoltre la prima europea del restaurato King of Jazz, film-rivista musicale del 1930, con il Technicolor a due colori restituito al suo strabiliante splendore.
Programma a cura di Dave Kehr, in collaborazione con The Museum of Modern Art, New York e Universal Pictures
Foto: King of Jazz di John Murray Anderson (1930)



Progetto Keaton
"Il nostro eroe viene dal nulla, non sta andando da nessuna parte ma si è fermato da qualche parte" – recita il cartello iniziale di The High Sign, prima commedia indipendente realizzata da Keaton dopo il periodo formativo con Arbuckle. Ricca di gag geniali e surreali, come l'inseguimento filmato in sezione, The High Sign fu distribuito solo nel 1921. Primo anche dei cinque nuovi restauri del Progetto Keaton che quest'anno, grazie alla collaborazione di molte cineteche e a un lungo lavoro di comparazione, ricostruzione e restauro ci caleranno nel cuore dell'universo keatoniano con Cops (1922), forse il più classico dei suoi two-reelers; la leggerezza e la destrezza fisica di The Paleface (1922); la brillante ricostruzione storica di Our Hospitality (1923), in cui Keaton sembra aver già raggiunto una piena maturità artistica, e infine Seven Chances, esempio perfetto di come Keaton trasformò una farsa impostagli da Schenck, in un film pieno di straordinarie trovate comiche. Il Progetto Keaton è promosso dalla Cineteca di Bologna e da Cohen Film Collection.
Programma a cura di Cecilia Cenciarelli

Foto: Seven Chances di Buster Keaton (1925)



Cento anni fa. Una selezione del 1916

Un anno di grandi nomi e grandi produzioni: i film russi zaristi, la 'storia ufficiale' nell'ultimo anno prima della rivoluzione, nei nuovi restauri di copie imbibite (Bauer, Protazanov); i film americani Triangle-Fine Arts, tra splendore delle star (Douglas Fairbanks, Norma Talmadge) e monumentalità travolgente (Intolerance). All'ombra della guerra e della sua retorica vuota e trionfante nascono film e commedie dedicate alla leggerezza dell'attimo fuggente, si affaccia l'esprit dada: film-parodia, film come collage e objets trouvés. Anno di grandi autori e di scoperte: Borzage, Genina, Rodolfi, Stiller, Perret, accanto a personaggi come Fabienne Fabrèges o Heinie and Louie. Anno di sceneggiatrici: dalla brillantezza leggendaria di Anita Loos al talento poliedrico di attrici-scritttrici come Bianca Virginia Camagni, Zoja Barantsevich e Diane Kare nne.
Programma a cura di Mariann Lewinsky

Foto: Madame Tallien di Enrico Guazzoni (1916) 



Marie Epstein – Attrice, sceneggiatrice, regista, conservatrice-restauratrice

Marie Epstein è stata sceneggiatrice e co-regista di quattro (o forse più) dei film muti del fratello Jean Epstein (da Coeur fidèle, 1923, dove appare come attrice, in poi). Nel 1928 passa alla regia e gira assieme a Jean Benoît-Lévy opere di impegno sociale e stile poetico, mettendo in rilievo la forza espressiva di attori non professionisti e di protagoniste giovani. In capolavori come Peau de Pêche, La Maternelle e La Mort du cygne, l'oggettività del documentario si combina alle emozioni profonde evocate dalle sceneggiature scritte da Epstein. Dal 1950 al 1977 Marie Epstein ha lavorato per la Cinémathèque française, sviluppando pionieristicamente i mestieri della conservazione e del restauro cinematografico (con film come il Napoléon di Gance).
Programma a cura di Mariann Lewinsky ed Emilie Cauquy, in collaborazione con la Cinémathèque française
Foto: La Mort du cygne di Jean Benoît-Lévy (1937)


Un'altra storia del cinema argentino

Ogni storia dell'arte presuppone una nuova luce più che un nuovo taglio. Questa storia 'altra' del cinema argentino non vuole presentare una volta ancora i film consacrati, di cui pure non contestiamo le qualità, ma vuole porre una luce obliqua su alcune opere sconosciute al di fuori del loro paese di origine, a volte anche dai propri più pigri cronisti. Il folclore è assente da questa scelta, così come l’onnipotente politica; abbiamo voluto invece mettere in luce l’immaginario di una società combattuta tra cosmopolitismo e marginalità.
Programma a cura di Edgardo Cozarinsky e Fernando Martín Peña, in collaborazione con INCAA

Foto: El secuestrador di Leopoldo Torre Nilsson (1958)



Mario Soldati, un eclettico a Cinecittà

Scrittore geniale e multiforme, regista, pioniere della televisione, reporter, cultore di cibi e vini, Mario Soldati è una delle figure più vulcaniche del Novecento italiano. Per lungo tempo la critica si è limitata agli adattamenti letterari dei primi anni Quaranta, come Piccolo mondo antico (1940) o Malombra (1942). Ma l'originalità del Soldati cinematografico emerge anche nell'intero suo percorso. Dalla commedia anni Trenta a una personale versione del neorealismo (Fuga in Francia, 1948, noir che ricorda atmosfere di Welles o di Sternberg), dal cinema di genere degli anni Cinquanta alla sorprendente modernità di La provinciale (1953) il suo cinema si confronta con il grande modello americano innestandolo su un gusto letterario che non prende mai il sopravvento. Grande narratore di figure femminili, scopritore di attori e valorizzatore di caratteristi e di luoghi, dalle Alpi alla pianura padana, Soldati è una figura d'autore inafferrabile, ancor oggi da riscoprire.
Programma a cura di Emiliano Morreale, in collaborazione con CSC – Cineteca Nazionale

Foto: La provinciale (1953)



Armoniosa ricchezza. Il cinema a colori in Giappone (seconda parte)

Verso la fine degli anni Cinquanta il cinema giapponese ampliò rapidamente la produzione a colori. Nel 1958, quando Yasujiro Ozu diresse Fiori d’equinozio, con il suo incantevole bollitore rosso, quasi tutti i registi più importanti del paese avevano ormai firmato almeno un film a colori con la sola eccezione di Akira Kurosawa, che rimase legato al bianco e nero fino al 1970. In quegli anni registi e operatori esplorarono non solo le potenzialità pittoresche del colore, ma anche la sua carica espressiva e ideologica. Questa seconda parte della nostra rassegna dedicata agli esordi della cinematografia a colori giapponese proporrà alcuni dei migliori film del dopoguerra, celebrandone la bellezza e documentando come il nuovo mezzo si prestasse a illustrare la turbolenta esperienza di un Giappone in rapida trasformazione.
Programma a cura di Alex ander Jacoby e Johan Nordström, in collaborazione con il National Film Center di Tokyo

Foto: Carmen kokkyo ni kaeru (Carmen Comes Home) di Kinoshita Keisuke (1951)





Tarda primavera. Un nuovo sguardo sul cinema del disgelo (seconda parte: Crepuscolo)

Crepuscolo, seconda parte della rassegna dedicata ai tesori meno conosciuti del cinema sovietico del Disgelo, disegna un quadro più tetro e austero rispetto ad Alba, la selezione dello scorso anno: torna di moda il bianco e nero (Dom, v kotorom ja živu, Lev Kulidžanov e Jakov Segel', 1957), il cinema di genere vira verso tematiche più taglienti trattate ora con meditabondo machismo (Ognennye vërsty, Samson Samsonov, 1957), ora con cupa malinconia (Raznye sudʹby, Leonid Lukov, 1956), e persino il realismo socialista appare tormentato e percorso dal dubbio e dalla disperazione (Pavel Korčagin, Aleksandr Alov e Vladimir Naumov, 1956). I primi capolavori di registi promettenti come Vasilij Ordynskij incontrano le ultime opere di registi della vecchia guardia quali Vladimir Petrov, restituendo il ritratto di un cinema sovietico fatto di torbi da gioia, scontrosa eleganza e tanta inattesa sperimentazione.
Programma a cura di Olaf Möller e Peter Bagrov, in collaborazione con Gosfilmofond of Russia

Foto: Poedinok di Vladimir Petrov (1957)



Vi sembrerà abbastanza per un festival. In realtà, non abbiamo ancora parlato di molte altre sezioni:

  • Ritrovati e Restaurati
  • Omaggio a Marlon Brando
  • Alla ricerca del colore dei film: dal Kinemacolor al Technicolor
  • Omaggio a Ebrahim Golestan
  • The Film Foundation's World Cinema Project
  • Documenti e documentari
  • Il Cinema Ritrovato Kids & Young

E ancora, delle lezioni di cinema, della FIAF Restoration Summer School, del Cinema Ritrovato DVD Awards (13a edizione), della Mostra mercato dell’editoria cinematografica e dei Libri Sotto le Stelle, ma per tutto questo vi rinviamo alla prossima newsletter.

Vi aspettiamo!


Gian Luca Farinelli
Direttore della Fondazione Cineteca di Bologna 






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Vi preghiamo di non rispondere alla presente newsletter ma di scrivere a ilcinemaritrovato@cineteca.bologna.it

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